La normalità.
Sono giorni che mi
frulla in testa questa parola, normalità,
e le diverse accezioni del termine.
A proposito della
normalità, la Treccani mi dice questo:
carattere, condizione di ciò che è o si ritiene
normale, cioè regolare e consueto, non eccezionale o casuale o patologico, con
riferimento sia al modo di vivere, di agire, o allo stato di salute fisica o
psichica, di un individuo, sia a manifestazioni e avvenimenti del mondo fisico,
sia a situazioni (politiche, sociali, ecc.) più generali.
Quindi il punto
immagino sia quello: ciò che è o si
ritiene normale.
In giro vedo due
posizioni: chi si abbarbica al suo personale concetto di normalità per
biasimare chiunque non vi si conformi e chi si fa un vanto di non essere
normale.
La prima posizione
è quella di tanti integralisti di ogni tipo, che ogni giorno trovano una nuova
categoria da attaccare: orientamenti sessuali, caratteristiche fisiche e
mentali, scelte di vita. Spero siamo tutti d’accordo nel ritenere questi
individui la feccia del genere umano e credo di aver già chiarito più volte la
mia opinione a riguardo: non ce l’ho, un’opinione a riguardo, perché non devo
averla. Perché ciò che ognuno fa col suo corpo, con la sua mente, con la sua
vita non è affar mio, finché non fa del male ad altri.
La seconda
posizione invece credo si basi più sulla specificazione non eccezionale che compare nella Treccani.
Lo sentiamo
ripetere spesso, con quell’atteggiamento di finta umiltà che dovrebbe denotare
accettazione di se stessi: so che non
sono normale, so di essere strano/a, so, so, so…
Se lo dicono da
soli, ma quel che stanno rifiutando è la definizione non eccezionale.
Perché essere
normali, per chi abbraccia questa seconda posizione, è essere banali, e devo
dire che mi pare di vedere la copia in negativo di chi sostiene la prima
posizione: da una parte il desiderio di appiattire, omologare, dall’altra
quello di distinguersi a ogni costo che però appiattisce e omologa gli altri.
Onestamente non
credo che esista la normalità, e in fondo la Treccani mi dà ragione: ciò che è
o si ritiene normale.
Lo sappiamo dai
tempi dei sofisti che la verità cambia a seconda di chi la racconta, delle
epoche, dei luoghi. Ciò che è normale oggi non lo era ieri e viceversa,
altrimenti indosseremmo ancora stecche di balena e parrucche incipriate,
faremmo il bagno una volta al mese e daremmo del voi ai nostri genitori. Domani sarà normale qualcosa di diverso
ancora, dunque no, la normalità non esiste, esiste una consuetudine, molto
fugace e non unanime, che si tenta di fare accettare forse per paura di perdere
l’orientamento: se non so cos’è normale, se non impongo agli altri il mio
concetto di normalità, come posso credermi normale io? E questo mi pare si
leghi a un’altra parola della Treccani: patologico.
È la paura che il
contrario della normalità sia la patologia, la malattia insomma, fisica o
mentale.
Ripeto spesso
quello che diceva Freud, che tra il malato e il sano c’è una differenza di
quantità, non di qualità. Sono tenacemente convinta che avesse ragione e che
siamo tutti un po’ malati, in lotta con quella malattia che si chiama vita e
che ci porta lentamente alla morte giorno dopo giorno (allegria!). Poi c’è chi
ha meno anticorpi, chi se li fa lungo il cammino, chi non se li fa mai, ma
siamo tutti malati, e non lo dico per sminuire le sofferenze di chi è affetto
da disturbi mentali gravissimi, lo dico per capire che le loro sofferenze
sarebbero potute essere le nostre, se fossimo stati un po’ meno fortunati. Come
è fortuna nascere nel mondo ricco invece che in quello povero e non dipende
certo da noi e non ci rende normali, solo fortunati.
Quello che mi piacerebbe è che smettessimo di fare un uso improprio del termine normalità. Che ci ricordassimo, ogni volta che lo usiamo, che stiamo parlando di un concetto inesistente, una parola che contiene in sé la propria negazione, un’ammissione della nostra debolezza e paura. La normalità è ciò a cui tendiamo per sfuggire all’isolamento e all’insicurezza o ciò da cui scappiamo per sentirci speciali e non ammettere che siamo solo uno tra tantissimi e che la nostra presenza nel mondo non fa affatto la differenza.
Io sono normale?
Non è una domanda che io mi ponga. Ce ne sono così tante, di domande
importanti, e la risposta non è purtroppo sempre 42, perciò non voglio perdere
tempo con domande inutili. So di essere un individuo unico, ma lo siamo tutti,
quindi nessuno lo è davvero. Sono come tutti gli altri esseri umani al mondo,
piccola, insignificante e tuttavia contenta di ciò che sono. Non sono
eccezionale, ma non sono normale perché la normalità dipende da chi mi giudica.
Mi interessa? Per nulla. A voi interessa? Perché?
In questo periodo
non facciamo che chiedercelo: quando torneremo alla normalità?
E con questo
intendiamo l’esistenza di prima, di cui però prima ci lamentavamo di continuo. Perché
non sapevamo come potesse essere un’altra e ben peggiore normalità, quella
fatta di distanziamento, mascherine, disinfettanti, crisi culturale ed
economica.
Ieri mi sono resa
conto di come ormai per me siano gesti normali, mettere la mascherina anche se
vado a buttare l’immondizia, controllare di avere sempre in tasca il
disinfettante, usarlo ogni dieci minuti, non toccare nessuno, non prendere
niente da nessuno.
Ma è normale? No.
Ma è normale? Sì.
Perché è quello che
passa oggi il convento.
E allora quello che
mi piacerebbe ancora di più è che smettessimo di essere ossessionati in un
senso o nell’altro dalla normalità e ci concentrassimo su ciò che possiamo fare
con questa nostra vita breve, piccola e insignificante, per far sì che tutte
insieme le nostre vite diventino meno brevi, meno piccole e meno
insignificanti.
Io lo cerco, il
significato, lo cerco da sempre, ma credo non sia possibile trovarlo da soli e
credo che, per trovarlo insieme, dobbiamo proprio abbandonare l’idea di
normalità. Questo, forse, ci renderebbe eccezionali.
Non mi reputo nè normale nè tantomeno anormale: dipende da chi mi giudica, quindi punti di vista.
RispondiEliminaCerco di essere me stessa, coerentemente con la mia concezione di vita.
Sto bene e cerco, nel limite del possibile, di vivere al meglio.
Comunque la vita pre-covid non era perfetta, molto diversa ma non perfetta.
No?
No, e mi piacerebbe che il Covid ci avesse spinti a riflettere, a capire cosa conta davvero, a maturare. Invece ho l'amara impressione che abbia solo tirato fuori il peggio da tutti.
EliminaIl Covid non ha fatto altro che tirare fuori il vero carattere delle persone e in alcuni casi l'ha inasprito!
EliminaVedo in giro tanta cattiveria e non c'è più tolleranza.
Se dopo tutto ciò che è sucesso non siamo migliorati e non ci siamo evoluti, siamo proprio una razza che merita l'esistinzione.
Comunque, devo ammettere che tutto il buonismo che c'era nella prima ondata del covid non mi ha mai convinto, l'ho sempre trovato totalmente falso.
Tutta la gente che comunicava dai balconi, che cantava canzoni, che colorava arcobaleni e che scriveva "andrà tutto bene", dove è finita? Tutta finzione, tutta ipocrisia!
Scusa lo sfogo ma non sopporto il falso perbenismo, si riconosce lontano 100 chilometri!
Che poi il concetto stesso di "normalità" porta in sé anche quello di "anormalità". non esisterebbe "normalità" senza "anormalità"... quindi anche l'anormalità è normale... Vabbè una cosa così comunque 😀
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